Lo Zimbabwe ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Le autorità non sono più in grado di fronteggiare la nuova ondata di colera che rischia di trasformarsi in una vera ecatombe. Da domenica scorsa manca l’acqua potabile in molte regioni del paese, ma soprattutto nella capitale Harare dove la gente vaga con taniche e bidoni alla ricerca delle pochissime fonti di approvigionamento idrico ancora in funzione.
Il rischio di un contagio, incontrollabile, sta destando forte apprensione tra i dirigenti sanitari del paese. Mancano i soldi per acquistare le sostanze chimiche indispensabili a filtrare le condotte, molte delle quali sono inquinate. C’è bisogno soprattutto di solfato di alluminio che viene fornito dal vicino Sudafrica. Ma la montagna di debiti accumulati ha interrotto le forniture. Le industrie di Johannesburg pretendono il pagamento di almeno una parte dei crediti e da quattro giorni hanno sospeso l’invio del materiale chimico.
Dopo aver resistito due settimane, il governo di Harare ha gettato la spugna e per la prima volta, nella sua storia, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale. Il ministro della Sanità, David Parirenyatwa, si è rivolto all’Onu fornendo un quadro agghiacciante sullo stato di salute della popolazione. I casi di colera accertato sono 12.546, il numero dei morti è cresciuto a 563, anche se stando ai calcoli dell’Onu sarebbero almeno 565.
Le autorità sanitarie non sono in grado di assistere gli ammalati perché gli ospedali, di fatto, non funzionano da due mesi. I sanitari, medici e paramedici, non percepiscono gli stipendi e sono in sciopero. Molti non si recano neanche più al lavoro, sanno che non ci sono più soldi. Si agisce su iniziativa volontaria e solo la sensibilità dei sanitari e degli infermieri consente di assistere i 450 pazienti gravi che hanno bisogno di una dialisi quotidiana.
Con l’arrivo della stagione delle piogge, la situazione è destinata a peggiorare. La gente è esasperata. Non c’è più lavoro, la disoccupazione ha raggiunto vette dell’80%, le banche hanno finito le riserve e non sono più in grado di soddisfare le richieste dei clienti. Testimoni raccontano di lunghe file davanti agli sportelli per prelevare poche decine di dollari.
L’inflazione, ormai di 231 milioni per cento, ha reso la moneta locale come carta straccia; lo Stato ha dato ordine alle banche di distribuire solo cifre irrosorie e una volta a settimana. “Tra oggi e lunedì”, ha dichiarato alla radio il ministro della Sanità, “abbiamo bisogno di 40 milioni di dollari per acquistare i prodotti chimici necessari a depurare l’acqua potabile. Abbiamo nelle casse solo 7 milioni che servono alle necessità principali. Ma ci occorre un altro 1,5 milioni per pagare gli stipendi del personale ospedaliero”.
L’Unicef è stata autorizzata a distribuire acqua con camion cisterne. Ma i contagi si estendono in modo incontrollato. Il governo ha esortato la gente a non stringersi più la mano: un primo, basilare atto di igiene che dimostra da solo la gravità della situazione. Il rischio, osserva un dirigente Onu di Harare, è il collasso definitivo del paese e la sua messa in quarantena.
[fonte: Repubblica.it]