Il 9 gennaio del 1908 nasceva a Parigi Simone Lucie-Ernestine-Marie-Bertrand de Beauvoir o più semplicemente Simone de Beauvoir. Proveniente da una famiglia altoborghese, conoscerà presto le difficoltà economiche a causa della bancarotta del nonno paterno. Lei e sua sorella Hélène dovettero sopportare diversi anni di disagi e ristrettezze: «Usavamo i vestiti fino alla corda, e anche oltre». All’Istituto Désir, la giovane Simone diventò un’allieva esemplare, e decise – fatto allora eccezionale per una donna – di continuare a studiare e di dedicarsi all’insegnamento. In questo periodo cominciò anche il suo progressivo allontanamento dalla religione. Studiò alla Sorbona, dove nel 1929 ottenne l’agrégation (idoneità) in filosofia e dove incontrò colui che, senza matrimonio né convivenza, sarebbe diventato il compagno della sua vita, il filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre.
Filosofa, viaggiatrice, partigiana Sono, questi, gli anni in cui conosce Merleau-Ponty, Levy-Strauss, Raymond Aron, Paul Nizan. Inizia a insegnare, prima a Marsiglia, poi a Rouen, infine a Parigi. Con Sartre compie i suoi primi viaggi, in Spagna, in Italia, in Grecia, in Marocco; nulla sfugge a questi due intellettuali degli eventi culturalmente significativi di questo periodo. Si appassionano al cinema e al jazz e vivono con partecipazione i grandi rivolgimenti politici di quegli anni: il nazismo in Germania, la guerra civile spagnola del 1936, la seconda guerra mondiale. Durante la guerra, Simone de Beauvoir rimane a Parigi, occupata dai nazisti, e condivide con Sartre la breve esperienza del gruppo di Resistenza “Socialismo e Libertà”. Dopo la Liberazione lascia l’insegnamento ed entra a far parte del comitato di redazione della rivista «Les Temps Modernes», insieme a Sartre, Leiris, Merleau-Ponty e altri.
Scrittrice femminista L’invitata (1943) è il primo romanzo pubblicato da Simone de Beauvoir, quello che la rivelò come scrittrice. Vi è affrontato con coraggio un tema difficile: l’inserimento nell’ambito di una coppia di un terzo personaggio, che ne muta l’intero equilibrio, costringendo ognuno a svelarsi sotto lo sguardo dell’altro. La tematica della responsabilità ritorna nel suo secondo romanzo, Il sangue degli altri (1945): durante la seconda guerra mondiale, nella Francia occupata, coloro che si erano accostati alla Resistenza si erano trovati di fronte a una duplice assunzione di responsabilità: quella di lottare contro l’oppressione nazista e quella di spingere gli altri (spesso le persone più care) a rischiare la vita. Di fronte allo strazio di queste morti, Simone de Beauvoir riafferma che non c’era altra via possibile, e che ognuno è sempre responsabile in prima persona delle proprie scelte, della propria libertà.
Nel 1947 si reca negli Stati Uniti per una serie di conferenze e incontra lo scrittore Nelson Algren, con cui stabilisce un intenso rapporto d’amore. Compie altri viaggi significativi (Brasile, Cuba, Cina, Russia) e ritorna molto spesso in Italia con Sartre. Dopo il suo viaggio negli Stati Uniti, pubblica Il secondo sesso (1949), un saggio fondamentale che da un lato fa il punto sulle conoscenze biologiche, psicoanalitiche, storiche, antropologiche esistenti sulla donna, e dall’altro apre la strada a quella discussione radicale sulla condizione femminile che avrebbe caratterizzato i decenni successivi.
Una vita in quattro volumi A partire dal 1958, si dedica alla sua autobiografia, uscita in quattro volumi: Memorie di una ragazza perbene (1958), L’età forte (1960), La forza delle cose (1963), A conti fatti (1972). È un’opera particolarmente preziosa perché offre, oltre alla storia personale della scrittrice, la diretta testimonianza sull’atmosfera e sul grande dibattito culturale svoltosi in Francia dagli anni trenta fino alla fine degli anni sessanta. Ormai famosa in tutto il mondo, Simone de Beauvoir, per le particolari posizioni assunte come scrittrice e come donna, è oggetto di grande ammirazione ma anche di aspre polemiche. Allo scoppio della guerra di liberazione algerina, prende posizione a favore di questa lotta, cosa che renderà il suo isolamento ancora più pesante.
Una morte dolcissima Nel ’64 scrive Una morte dolcissima, la recita intensamente commossa dedicata alla morte della madre. I temi angosciosi della malattia, della vecchiaia e della morte sono quelli che Simone de Beauvoir ha voluto affrontare, una volta di più con grande coraggio, negli ultimi anni della sua vita. Simone de Beauvoir è considerata la madre del movimento femminista, nato in occasione della contestazione studentesca del maggio 1968, che seguirà con partecipazione e simpatia.
Gli anni settanta la vedono fervidamente in prima linea in varie cause del progresso civile: la dissidenza sovietica, il conflitto arabo-israeliano, l’aborto, il Cile, la donna (è presidentessa dell’associazione Choisir e della Lega dei diritti della donna).
Nell’ultimo periodo della sua vita, Simone de Beauvoir affronta con coraggio un altro problema sociale, quello della vecchiaia, cui dedica un importante saggio, La Terza Età (1970). Nel 1981, in occasione della morte di Sartre, scrisse La cerimonia degli addii, cronaca degli ultimi anni del celebre pensatore. Si tratta dell’ultimo suo grande lavoro letterario che conclude in qualche modo la sua autobiografia in più volumi.
Simone de Beauvoir morì il 14 aprile 1986 e venne seppellita nel cimitero di Montparnasse di Parigi accanto al suo compagno di una vita Jean-Paul Sartre, morto 6 anni prima, il 15 aprile 1980. Radicalmente atea proprio come Sartre del resto, in La Cérémonie des Adieux, aveva scritto al riguardo della morte di colui col quale aveva condiviso gran parte della sua esistenza e delle sue idee: «La sua morte ci separa. La mia morte non ci riunirà. È così; è già bello che le nostre vite abbiano potuto accordarsi per un così lungo tempo».
fonte: Wikipedia