Sono trascorsi dieci anni, ma ricorda tutto come fosse stato ieri. Nel 1999 era uno studente. Quinta elementare, pochi libri sotto il braccio, il sorriso stampato sulla bocca, lo sguardo spensierato, la voglia di divertirsi. Nonostante la guerra, gli scontri per il controllo dello Iuri, piccola regione nel nord est del Congo. Adesso è qui, davanti alla Corte penale internazionale, il Tribunale per i crimini dell’Aja.
Lo hanno contattato, protetto, convinto a testimoniare nel primo, grande processo per uno dei crimini più orrendi e diffusi in molti paesi centroafricani: il reclutamento dei soldati bambino. «Alcuni studenti», rievoca in swaili, l’unica lingua che sa parlare, «erano direttamente arruolati per strada. Io sono stato uno di questi. Ci hanno portato nei campi militari mentre tornavamo a casa, all’uscita di scuola».
Protetto da una tendina, la voce alterata dal computer, l’ex soldato bambino evita di guardare il grande imputato del processo che lo scruta serio, a pochi metri di distanza: Thomas Lubanga, oggi 48 anni, dal 1999 al 2003 leader dell’Union des patriotes congolaise, colpito da mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e arruolamento di minori durante il conflitto per il controllo dello Iuri, arrestato nel febbraio del 2005 poco dopo l’uccisione di nove caschi blu della Monuc, la missione Onu in Congo.
Rinchiuso in un carcere di Kinshasa, Lubanga aveva atteso la sua estradizione a l’Aja. Le autorità della Rdc avevano evitato di incriminarlo per consentire ai magistrati della Cpi di concludere le loro indagini. Lo scorso 10 febbraio, dopo mesi di investigazioni, raccolta di prove e di testimonianze, scritte e filmate, l’ex leader dell’Upc era stato trasferito in Olanda dove lunedì scorso è stato aperto il dibattimento.
Ci vorranno mesi prima di arrivare ad una sentenza. Ma quella di stamani è stata un’udienza che a ragione, senza voler essere retorici, la Corte di giustizia internazionale ha definito storica. La piaga dei bambini soldato è una realtà sempre denunciata in Africa ma mai approdata ad un giudizio di tipo penale. Per la difficoltà a trovare i testimoni, a raccogliere prove concrete, visive. A definire una pratica odiosa in un contesto processuale, con le sue regole, i suoi tempi, le sue garanzie.
Nella sua relazione introduttiva il procuratore argentino Luis Moreno-Ocampo ha accusato l’imputato di aver reclutato e addestrato centinaia di giovani tra i 9 e i 13 anni per uccidere, saccheggiare e violentare migliaia di nemici o di semplici abitanti delle zone contese. «I bambini», ha sostenuto il procuratore, «continuano a soffrire delle conseguenze dei crimini che sono stati costretti a commettere. Non possono dimenticare ciò che hanno visto. Molti tra loro riescono a sopravvivere ai terribili ricordi solo ricorrendo a droghe, altri vivono prostituendosi».
Thomas Lubanga, attraverso il suo difensore, l’avvocato Catherine Mabille, ha respinto le accuse. Ha negato di aver arruolato bambini. Ha ricordato le particolari condizioni in cui si svolgeva il conflitto, ha ammesso i suoi orrori ma li ha attribuiti a tutte le parti sul campo.
Mentre il giovane “kadogo”, il soldato-bambino, tornava a quegli anni, Lubanga ha seguito in silenzio, stretto nel suo completo scuro, una cravatta rossa che spiccava sulla camicia chiara, la breve testimonianza. Ha preso molti appunti, ma non ha mai interrotto il racconto. «Ci dicevano», ha spiegato ancora il testimone, oggi ventenne, «che il paese stava vivendo forti tensioni e che i giovani dovevano mobilitarsi per salvare la nazione. Io ho avuto la forza di dire che eravamo ancora troppo giovani, che tra noi c’erano dei bambini di nove anni».
Il ragazzo ha avuto difficoltà a rispondere a tutte le domande del procuratore aggiunto Fatou Bensouda che insisteva nel conoscere l’identità dei suoi amici, anche questi reclutati. «Tante domande mi mettono in difficoltà. Sono passati molti anni e non ricordo con precisione nomi e date. Non vorrei sbagliare», ha spiegato il testimone, «ho giurato di dire la verità. Una semplice contraddizione potrebbe inficiare tutto il mio racconto». Il giudice ha sospeso l’udienza. La pressione era troppo forte. Ma l’omertà che ha sempre circondato l’arruolamento dei bambini soldato, quasi seimila nel solo Iuri, è stata finalmente infranta. Si riprenderà venerdì prossimo.
Non c’è pace nella martoriata regione. Oggi nel nordest della Repubblica democratica del Congo sono stati trovati almeno 100 cadaveri di civili uccisi dai ribelli ugandesi della Lord’s Resistance Army (Lra), come ritorsione alla campagna militare congiunta lanciata dai governi di Congo, Uganda e Sudan per catturare il signore della guerra Joseph Kony. L’Onu afferma che la popolazione civile è stata sottoposta a terribilli violenze nel sud-est di Dungu, dove il 16 gennaio scorso i ribelli hanno sferrato un duro attacco ai villaggi.
[fonte: Repubblica – Daniele Mastrogiacomo]