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Attrazione fatale o precipitosa fuga dal tujone? Per i non iniziati, il tujone è il componente «tossico» dell’Artemisia, la pianta da cui deriva l’Assenzio: la magica fée verte («fata verde») che ispirò, avvelenandoli anche, scrittori maledetti e artisti dell’Impressionismo francese, protagonisti degli anni Novanta dell’800: Rimbaud, Verlaine, Baudelaire, Van Gogh, Toulouse-Lautrec. Questi, per inciso, possedeva un bastone da passeggio, concavo, che conteneva una riserva di assenzio, con capacità di mezzo litro. E un bicchierino a parte. La moda dannata, con il suo affascinante rituale di servizio (il cucchiaino forato, la zolletta di zucchero, l’acqua da «taglio » che, versandola, rende opalescente il liquido verde smeraldo), trovò fertile terreno anche in Inghilterra e Oltreoceano, superando felicemente il secolo XIX fino al proibizionismo datato 1915.L’«ora verde» (dalle 17 alle 19, tardo pomeriggio fino all’aperitivo) degli accaniti consumatori (il vizio avrebbe contagiato anche le donne borghesi e quindi la classe operaia della rivoluzione industriale) sprofondò nell’oblio per molto tempo. Ma un recente revival ha riscoperto sia la bevanda (riveduta e corretta, meno dannosa) sia la leggenda. Scorrendo le pagine de Il libro dell’assenzio, autore Phil Baker (Voland), ricco di notizie, nomi, aneddoti, citazioni e qualche consiglio, si resta sull’orlo del burrone. Dalla personalità del lettore dipenderà, poi, se buttarsi o ritrarsi.

[fonte: Corriere.it – Marisa Fumagalli]

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