Sono nati dopo il 1977, sono cresciuti circondati dalla tecnologia più avanzata. Passano moltissimo tempo in Internet e sanno sfruttare tutte le risorse della rete che, nelle loro mani, è diventata uno strumento di comunicazione. Non sono “giovani” nel senso tradizionale del termine, ma sono sognatori, idealisti, riformatori. Non rigettano la società come facevano i loro nonni o i loro padri, ma vogliono cambiarne radicalmente le regole, stravolgerne le leggi fondanti (a cominciare da quelle economiche). Negli Stati Uniti le ricerche di mercato li hanno etichettati “millenians” perché la loro generazione ha vissuto il passaggio alla maturità proprio durante il cambiamento di secolo. Sono globalizzati nel senso che hanno imparato a ragionare su scala planetaria considerando i confini nazionali come eredità del XX secolo. Hanno i loro riferimenti culturali (tra cui spunta, curiosamente, anche Kurt Cobain) e politici, i loro gusti e minacciano di scardinare le convinzioni delle precedente abuliche generazioni. Si tratta solo di marketing? Sono semplicemente l’ultima moda? Molti avvenimenti degli ultimi anni – uno su tutti l’elezione di Obama a presidente degli Stati Uniti – lascerebbero supporre il contrario. Il fenomeno ha il suo epicentro negli Usa, ma si sta espandendo rapidamente anche nel resto del mondo proprio perché è privo di carattere nazionale. Fuoco di paglia o vento del cambiamento? Solo la storia ci darà una risposta.
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