Basterà unicamente la sua presenza? Basterà la sua sola voce a risvegliare tanti ricordi in coloro che in questi giorni a Firenze assistono al ritorno di Patti Smith? Era infatti il dieci settembre del 1979 quando, dopo un’estenuante tournee terminata con le date di Bologna e Firenze, la cantante americana si ritirò dalle scene dedicandosi alla vita familiare, fino al 1988 anno del ritorno con l’album Dream of Life.
Chi ha partecipato a quel concerto fiorentino lo ricorda come un vero e proprio evento, in quegli anni del resto, ogni iniziativa culturale diveniva immediatamente anche politica. La Smith stessa ricorda l’atmosfera tesa e a tratti assurda che la circondava: politicanti disperati che le chiedevano di appoggiare le più svariate cause, di fare proclami per la liberazione di prigionieri politici. Ricevette minacce di morte da parte di coloro che la consideravano pericolosa perché americana. Il legale che la rappresentava giunse persino a chiederle di non issare la bandiera a stelle e strisce che il fratello Todd esponeva a tutti i concerti, perché «stavano suonando in una zona amministrata dai comunisti».
La cortina di ferro era ben innalzata sopratutto nella mente delle persone. Eppure la Smith, sebbene si sia sempre professata un’artista americana amante dei principi su cui si fonda il suo Paese, non ha mai nascosto le contraddizioni e le ingiustizie sociali che lo caratterizzano. Patti Smith si è sempre ispirata a coloro che ricercavano un vero significato personale e profondo a quella libertà troppo spesso superficiale e a buon mercato. La lettura di Kerouac, l’amicizia con Ginsberg e Burroughs, le collaborazioni con Sam Shepard e Bob Dylan l’hanno spinta ad una continua ricerca interiore, una narrazione poetica e visionaria del proprio vissuto in grado di trasformarsi in pura arte, in un momento di rivelazione condivisa.
La purezza disarmante dei Beat, la rabbia e la passione del rock diventano in lei una miscela esplosiva di poesia e musica. Patti Smith diventa la Sacerdotessa del Rock.
Entra così a far parte di quell’America del sogno che descriverà poi in maniera lucida in People Have The Power, dove la richiesta di una presa di coscienza sociale si fa impellente perché è la gente che ha il potere di sognare e di governare.
Vent’anni non sono bastati perché si giungesse dal sogno alla realtà ma forse qualche passo avanti è stato fatto. Negli Stati Uniti, dopo otto anni di disastrosa amministrazione repubblicana, l’elezione di Obama (per molti l’incarnazione stessa del sogno americano) ha ridato fiducia e speranza ad un paese chiuso, in preda ad una crisi morale pesante quanto quella economica.
Forse ora possiamo ritornare a credere al sogno americano.
Quando stasera la voce di Patti Smith risuonerà in piazza Santa Croce molti ricominceranno e fortunatamente altri inizieranno a sognare.
Domani poi, nell’anniversario degli attentati dell’undici settembre, la cantante si esibirà a Cremona: che sventoli o meno la bandiera americana, i presenti sapranno tutti di avere davanti un simbolo della cultura a stelle e strisce.