« C’era un vecchio con una benda nera su un occhio, un ragazzino che sembrava strabico […] una giovane dagli occhiali scuri, altre due persone senza alcun segno visibile, ma nessun cieco, i ciechi non vanno dall’oculista »
Cecità (titolo originale, in lingua portoghese: Ensaio sobre a Cegueira, Saggio sulla cecità) è un romanzo dello scrittore e premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago, pubblicato nel 1995. In Italia, il titolo è stato tradotto eliminando parte di quello in lingua originale per esigenze editoriali; si è ritenuto infatti che Saggio sulla cecità avrebbe scoraggiato i lettori. In un romanzo successivo di Saramago, Saggio sulla lucidità, si ritrovano personaggi presenti in Cecità. I fatti raccontati nei due romanzi sono legati, al punto che Saggio sulla lucidità può essere considerato come il “seguito” di Cecità.
Dal romanzo di Saramago è stato tratto il film omonimo per la regia del brasiliano Fernando Meirelles e interpretato, tra gli altri da Julianne Moore, Mark Ruffalo, Alice Braga e Gael García Bernal.
La storia
In una capitale senza nome, un uomo, fermo al semaforo con la sua automobile, si accorge di essere diventato improvvisamente cieco. La sua cecità, però, è peculiare: vede tutto bianco, come se fosse avvolto in un mare di latte. Tornato a casa con l’aiuto di un altro uomo (che ben presto si rivelerà un ladro) racconta l’accaduto a sua moglie. I due si recano da un medico specialista, dove trovano un vecchio con una benda nera su un occhio, un ragazzino che sembrava strabico, accompagnato da una donna, e una ragazza dagli occhiali scuri. Il medico, dopo aver esaminato l’uomo (che, nel seguito della storia, sarà chiamato “il primo cieco”), si accorge di non avere spiegazioni per quella improvvisa cecità.
Ben presto la cecità comincia a diffondersi. Il ladro di automobili, il medico, la moglie del primo cieco, sono tutti colpiti dalla strana malattia. La moglie del medico sembra l’unica a non essere contagiata. L’epidemia si diffonde in tutta la città e il governo del paese decide di rinchiudere provvisoriamente il gruppo di ciechi in un edificio abbandonato, un ex-manicomio, allo scopo di evitare il contagio. Ogni giorno le guardie avrebbero fornito il cibo agli internati. E’ proprio in uno di questi”rifornimenti” che le guardie osservano più attentamente la comunità dei ciechi e notano la moglie del medico:
«Fra i ciechi c’era una donna che dava l’impressione di trovarsi contemporaneamente dappertutto, aiutando a caricare, comportandosi come se guidasse gli uomini, cosa evidentemente impossibile per una cieca, e più di una volta, o per caso o di proposito, si girò verso l’ala dei contagiati»
Inizialmente, la distribuzione degli alimenti avviene regolarmente, ma ben presto i ciechi si ritrovano abbandonati, perché la cecità si diffonde nella città, colpendo anche i soldati. All’interno del manicomio, un gruppo di ciechi (i “ciechi malvagi”) si impossessa di tutte le razioni di cibo provenienti dall’esterno per poter ricattare gli altri malati e ottenere potere e vantaggi, compresi rapporti sessuali con le donne. Proprio durante uno di questi stupri collettivi, la moglie del medico uccide il capo dei “ciechi malvagi”, nel tentativo di renderli inoffensivi, e un’altra donna dà fuoco ad un mucchio di coperte nella loro camerata. Il fuoco si diffonde e finisce per avvolgere tutto l’edificio. Molti ciechi muoiono, ma una parte di loro (tra questi, il gruppo del medico e della moglie), riesce a uscire all’aria aperta.
Inizia una seconda fase del libro. La comunità di ciechi è ora libera di muoversi per la città, guidata dalla moglie del medico, unica vere testimone dei risultati dell’epidemia: morti per le strade, tutto versa in totale abbandono, gruppi di ciechi che occupano le case altrui e lottano l’uno contro l’altro per assicurarsi del cibo. E’ in corso una lotta per la soppravvivenza ormai al di fuori di qualsiasi regola di civiltà e convivenza civile.
Ormai privo di ogni struttura truttura sociale condivisa, il gruppo cerca di organizzare una vita comunitaria, per reperire il cibo e per tornare a vivere dignitosamente. Ma, senza ragione e in maniera del tutto inaspettata, nel giro di poche ore tutti i ciechi guariscono inspiegabilmente, senza alcuna ragione apparente, proprio come all’inizio della vicenda era sopraggiunta l’epidemia.
Stile e tematiche
In questa opera, come in altre opere di Saramago, viene utilizzato uno stile che prevede l’assenza di nomi propri per i personaggi, identificati tramite espressioni impersonali (come “la ragazza dagli occhiali scuri”, il “vecchio con la benda”, il “ragazzino strabico”). I dialoghi non sono introdotti dai due punti, né vengono utilizzate le virgolette.
« Il medico gli domandò, Non le era mai accaduto prima, voglio dire, la stessa cosa di adesso, o qualcosa di simile, Mai , dottore, io non porto neanche gli occhiali »
Il tema fondamentale del romanzo è sicuramente l’indifferenza, che esplode con il dilagare della cecità, un sentimento negativo ma che era già presente prima degli avvenimenti in questione.
« Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono »
Lo stesso scrittore, nel discorso fatto in seguito all’assegnazione del Premio Nobel, ha sottolineato come la società contemporanea sia cieca poiché si è perso il senso di solidarietà fra le persone.
Il romanzo indaga inoltre le strutture di potere della nostra società; essendo ambientato in un tempo e un luogo indefiniti, questa vicenda può riguardare chiunque e qualsiasi paese. Si tratta di una riflessione sul tema del potere alla sua origine: durante la reclusione dei malati nel manicomio, i ciechi si ritrovano in una situazione che, di fatto, ha fatto tabula rasa delle condizioni sociali abituali, lasciando loro la libertà di sperimentare il potere e la libertà, di provare una organizzazione nuova e più equa, etica. Il pessimismo dell’autore, però, porta i personaggi ad attuare, al contrario di quanto uspicato, una regressione sociale, che li induce a vivere in uno stato di natura hobbesiano in cui l’unica legge che conta è quella del più forte: l’organizzazione della società diventa guerra bestiale per la sopravvivenza, la dittatura appare come l’unica soluzione possibile.
In quest’ottica va letta l’azione di sopraffazione compiuta dai “ciechi malvagi”: una minoranza cerca di dominare sulla maggioranza tramite la violenza.
Singolare a questo proposito l’episodio del razionamento del cibo da parte dei ciechi malvagi, in cui si puo’ leggere una profonda riflessione dell’autore riguardo al problema della fame nel mondo: un’oligarchia di ciechi tiene gli altri internati in uno stato di fame perenne, accentrando nella loro camerata tutti i cibi che vengono portati dall’esterno e lasciando deperire quelli che per loro sono di troppo. La fame non è dunque dovuta ad una mancanza reale di cibo, quanto piuttosto alla brutalità e all’egoismo di chi detiene il potere di distribuirlo.
Da notare che tra i personaggi del romanzo non si sviluppa mai una vera solidarietà, esperienza che rimane circoscritta alle donne, le quali, in seguito al trauma collettivo dello stupro da parte dei ciechi malvagi, formano un nuovo “noi”, una “comunità” che assume una valenza salvifica e si riassume nella figura della moglie del medico, personaggio cruciale, unico testimone “visivo” degli avvenimenti.
Fonte: wikipedia