Senza parole. In quanto italiani siamo senza parole. Che la crisi provochi licenziamenti è comprensibile (ma non giustificabile, perché una politica seria e responsabile dovrebbe evitarlo) ma che uno Stato lasci morire interi comparti del proprio tessuto produttivo e permetta il suicidio del suo know-how tecnico-scientifico questo è davvero inspiegabile. Se non attraverso una follia autolesionista.
Sta accadendo nel restauro, sta accadendo persino negli enti di controllo scientifico. E’ questo il caso dell’ISPRA, i cui ricercatori stanno combattendo da settimane per salvare il proprio posto di lavoro. E la nostra sicurezza ambientale.
Da giorni i ricercatori ISPRA hanno occupato il tetto dell’ente prima, e del ministero dell’ambiente poi, per denunciare la progressiva e costante riduzione del proprio organico. Il lavoro dell’ISPRA è importante: sono questi ragazzi che controllano la sicurezza e la correttezza ambientale in Italia. Un lavoro utile, non trovate?
L’Ispra nasce circa due anni fa dall’unione di tre Enti pubblici di ricerca (Apat, Icram e Infs) con la finalità di razionalizzare le competenze tecnico scientifiche presenti. «Finora però – afferma ancora Emma Persia, – abbiamo avuto solo licenziamenti. Nel dicembre dello scorso anno sono andati via i primi 50. Lo scorso giugno, invece, non è stato rinnovato il contratto ad altri 200 ricercatori e altri 200 rischiano di fare la stessa fine a dicembre 2009. Si potrebbe arrivare ben presto a 500 licenziamenti, ovvero il 40 per cento del personale in meno. Persone mandate via solo perché hanno un contratto a termine: io, che ho il posto fisso, posso garantire che questi colleghi che rischiano svolgono il mio stesso lavoro con la stessa professionalità».
Ma i ricercatori dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ) non demordono e restano sul tetto del loro ente per protestare contro i «licenziamenti» dei 500 precari. «Ormai siamo qui da giorni e se necessario rimarremo fino a Natale – spiega Michela Mannozzi, ricercatrice e rappresentante del coordinamento precari dell’Usi Rdb Ricerca -. Non abbiamo alcuna intenzione di scendere fin quando non saranno regolarizzati tutti i precari dell’Istituto, proseguiremo la battaglia in cima al tetto fin quando non ci sarà una soluzione politica alla vicenda».
Il tavolo per le emergenze occupazionali convocato per lunedì 30 novembre dall’assessore al Lavoro della Regione Lazio, Alessandra Tibaldi, è stato disertato dalla struttura commissariale dell’Ispra. Ma intanto i lavoratori si appellano al ministro dell’Ambiente e al governo. «Chiediamo al ministro Stefania Prestigiacomo di salvaguardare la ricerca pubblica – afferma Emma Persia, coordinatrice dell’Usi-RdB dell’Ispra -. L’attuale processo di riorganizzazione dell’Ispra ha lo scopo di smantellare le attività di ricerca e protezione ambientale finora svolte con professionalità dai ricercatori che sono per lo più precari. Senza di loro, non riusciremo a svolgere tutti le nostre mansioni a tutela dei cittadini. E abbiamo paura che buona parte dei compiti sia affidato ad aziende private. La ricerca e i controlli ambientali sono una risorsa per tutti gli italiani» (Fonte delle informazioni: corriere.it)
Potrete seguire le lotte dei ricercatori dell’ISPRA, e dare loro sostegno, sul sito precariispra.blogspot.com e nonsparateallaricerca.org