Rejected works si compone di un ristretto nucleo di “oggetti” appositamente raccolti per riss(e), formando un ciclo ibrido a metà tra ready–made e manufatto artistico non pienamente estrinsecato; alcune parti di oggetti d’uso rinvenute per strada si ibridano, o soltanto si accostano, a reperti interni allo studio dell’artista: lemmi decaduti, lasciati in disparte o scartati e non utilizzati nell’articolazione di cicli più ampi e omogenei di opere. Due metà si compongono in un innesto eterogeneo o molto semplicemente si mostrano nella loro isolata presenza di manufatti intenzionalmente rigettati o dimenticati. Non c’è in questo caso da decontestualizzare alcun oggetto e la de-collocazione è già insita nel non essere più parte di un intero originario; rimane la possibilità di rielaborazione per questi resti che vengono assunti all’interno dell’operare, poiché anche nella frammentarietà, nella loro minima sufficienza, essi mantengono una singolarità e un grado di finitezza intrinseco, seppure in forma di relitto. La de-costruzione, abitualmente praticata a livello linguistico e formale, sembra quindi investire anche il piano più propriamente “stilistico”. Ciò che si scopre in questa mostra appare incongruo con il percorso espressivo dell’artista: un’interruzione imbarazzante; una forzatura che fa abdicare allo stile e alla usuale operatività per lasciar spazio ad un alter ego, ad un altro e più disinvolto bricoleur che prende la mano e conduce il gioco delle relazioni, dove ciò che è rifiutato, rigettato dallo stesso artista, assurge momentaneamente al rango di opera messa in mostra.
Così è per una ruota di bicicletta che, grazie al suo portato formale e immaginifico, viene issata su di un braccio composto da due slitte per estendere il piano di un tavolino, bizzarra e traballante macchineria che fa piuttosto ricordare Bruegel il Vecchio e decisamente meno Duchamp. Allo stesso modo l’intelaiatura ad incastro di un tavolo, ruotata ed appesa per un fianco alla parete, diventa balcone, ringhiera di supporto per stendere e lasciar pendere un bucato, una rete fatta di nastri d’alluminio realizzata anni orsono e che qui trova ora un sostegno; instabilità che si acquieta per un attimo nella ricerca di definizione e senso, solo e già solo perché adesso la rete poggia su qualcos’altro e non deve mostrarsi isolata a significare di per sé. Si aggiungono altri due elementi: una voluta di cartone nero: piano avviluppato su se stesso, sorta di cartamodello che rimanda a simili oggetti realizzati negli anni ottanta, eclissato per una distanza incolmabile che lo separa dal suo prototipo, e ancora un ritaglio di tela e cartone anch’esso nero e in forma di rete: piano obliterato e più volte piegato su se stesso, precariamente appeso alla fine di un’asta, come un’insegna medievale ostende la sua forma appena sufficiente se non inutile di oggetto da gettar via. Nella prima e più piccola sala dello spazio espositivo, a ricomporre questo deragliamento saranno inoltre esposte due piccole tele monocrome appena dipinte, nell’intento di riprendere il percorso stabilito e qui solo accidentalmente interrotto.
Rejected Works. Antonio Catelani
31 marzo – 30 aprile 2012
Tutti i giorni su appuntamento: 335 8051151
Inaugurazione sabato 31 marzo ore 18
http://www.antoniocatelani.com/