Martedi 4 agosto Luigi Ciotti, presidente di Libera, si è recato a Casal di Principe nel casertano per ricordare il Don Peppe Diana, il prete ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. In mattinata Luigi Ciotti ha incontrato i genitori di Don Peppe Diana per testimoniare la sua vicinanza; successivamente si è recato sulla tomba del prete nel cimitero cittadino. Nel pomeriggio si è poi trasferito a Castelvolturno per incontrare i tantissimi giovani provenienti da tutt’Italia che in queste settimane sono al lavoro sui terreni confiscati ai casalesi, dove sorgera’ la cooperativa “Le terre di Don Peppe Diana-Libera Terra”.
“Don Giuseppe Diana è morto- ricorda Luigi Ciotti- ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sacrestia della chiesa di cui era parroco, a Casal di Principe, nell’agro aversano. Si stava preparando a celebrare la messa, quando quattro proiettili ne hanno spento per sempre la voce terrena. Una voce che predicava e denunciava, che ammoniva ma sapeva anche sostenere. Che sapeva uscire dalla sacrestia e scendere dall’altare per andare incontro alle persone, rinnovando un’autentica comunione. Un prete coraggio, avrebbe al solito scritto qualche giornale, sino ad allora disattento al faticoso e quotidiano impegno che in tanti portavano avanti in quei territori di frontiera. Un prete di strada, secondo una definizione che rischia ormai di diventare stereotipo. Invece don Peppino era un prete e basta. Semplicemente un uomo di Chiesa, come ebbe modo di ribadire, quando lo etichettavano sbrigativamente «prete anticamorra».
Nel nostro paese-prosegue Luigi Ciotti – le mafie tolgono diritti, dignità, vita. Non solo con le armi, uccidendo e violentando i corpi, ma svuotando le anime e assassinando la speranza. La rassegnazione dello spirito, l’umiliazione della dignità, la costrizione a rinunciare alla propria coerenza sono una morte altrettanto dolorosa e ancor più irrimediabile della fine fisica. Uccidono non solo i singoli ma la collettività: «La camorra ha assassinato il nostro paese, “noi” lo si deve far risorgere, bisogna risalire sui tetti e riannunciare la “Parola di Vita”», annotava in un articolo don Peppino. È in quel “noi” la risposta: nella comunità che si riconosce tale, che include e, così facendo, si realizza e si rafforza. Un noi che significa unione e collaborazione tra uomini e donne di buona volontà e tra società e istituzioni.
Sono calzanti le parole scritte sulla pietra dietro cui riposa don Peppino: «Dal seme che muore fiorisce una messe nuova di giustizia e di pace». I giovani che in queste settimane sono al lavoro sui terreni confiscati ai casalesi per la costituzione della cooperativa Verso le Terre di Don Peppe Diana-Libera Terra sono un piccolo ma utile frutto nato da quel seme generoso e fecondo che don Diana ci ha lasciato. Un impegno non per celebrare ma per ricordare, per educarci alla memoria delle vittime; una memoria che forse particolarmente per don Peppino viene troppo spesso trascurata, sino a cercare di cancellarla. Un segno concreto di memoria ed impegno- conclude il presidente di Libera- che ciascuno di noi deve accogliere come regalo prezioso e inaspettato, in grado di aiutarci nella faticosa marcia verso la giustizia. Quella che per un credente si realizza allorché si diventa capaci di fedeltà al Vangelo e all’uomo. Proprio come don Peppino, che quella fedeltà e l’amore per il suo popolo ha pagato con il martirio. Di quell’amore dobbiamo essere grati perché da quell’esempio siamo stati resi più forti e più vigili.”
Fonte: libera