Inaugurata ieri la nuova Biblioteca di Scandicci, in locali completamente rinnovati, con una ricca sezione per i ragazzi (allestita con i disegni di Gipi, Guido Scarabottolo, Roberto Innocenti) ma soprattutto con una piccola, preziosa mostra di una trentina delle vignette di Massimo Bucchi per Repubblica, scelte e presentate da Sergio Staino.
Difficile raccintare Bucchi, che sicuramente non amerebbe essere definito ‘illustratore’ né tantomeno ‘vignettista’. Pretenzioso forse intrupparlo nel gruppo degli ‘editorialisti’ visivi o, dio non voglia, dei ‘filosofi’ con la matita. Si deve ammettere, quindi, che la sua essenza tende sempre a sfuggirci, per la nonchalance assoluta con cui tratta il disegno o i collages dei suoi apologhi disegnati (tanto vicini per stile alla Settimana di bontà di Max Ernst) ma anche per la sicurezza con cui dipana la matassa del suo meccanismo comico, con quel giocare continuo e inesausto tra le parole, i luoghi comuni, le banalità del quotidiano che diventano, nei suoi commenti visivi, luoghi essenziali di riflessione.
Un disegnatore che non disegna, Massimo Bucchi, ma anche un moralista disincantato, un ‘maestro di pensiero’ rassegnato, un cronista del nostro disagio esistenziale e della nostra inadeguatezza verbale. Un cronista, Bucchi, che racconta e commenta gli accadimenti di ‘cronaca’ riandando alla ‘storia’ dell’illustrazione, ai ‘finalini’ e ai ‘disegnini’ della Dover. Un cinico buono e disilluso. Soprattutto un perfetto contrappuntista dei nostri anni stupidi e difficili.
Massimo Bucchi, La vita, Biblioteca di Scandicci, dal 21 marzo.
[fonte: SocialDesignZine]