Dal 1990 sono più di 40 i Paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini. In Africa, la Costa d’Avorio e la Liberia, nel continente americano, il Canada, il Messico e il Paraguay. In Asia e nel Pacifico, il Bhutan, Samoa, Turkmenistan e Filippine. In Europa e nel Caucaso del Sud, l’Armenia, la Bosnia-Herzegovina, Cipro, Serbia, Montenegro e Turchia. Si ha così un totale di 83 Stati che prevedono formalmente la pena di morte e 117 che non la prevedono o non vi fanno ricorso. Il 15 novembre 2007 la Terza commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato con 99 voti favorevoli, 52 contrari e 33 astenuti una risoluzione, fortemente sostenuta dall’Italia, che chiede la moratoria universale della pena di morte. L’Assemblea Generale ha votato la risoluzione il 18 dicembre 2007 con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti. La moratoria è stata approvata con 5 voti in più rispetto alla votazione della Terza commissione il 15 novembre 2007. Se vogliamo una definizione terminologica, la pena di morte, chiamata anche pena capitale, è l’eliminazione fisica di un individuo ordinata da un tribunale in seguito ad una condanna. Nei Paesi dove è prevista, di norma la legge commina la pena di morte a fattispecie di reato considerate gravi, come omicidio ed alto tradimento. Alcuni ordinamenti giuridici ritengono passibili di pena capitale omicidi occorsi durante l’esecuzione di altri crimini violenti, come la rapina o lo stupro. Primo stato al mondo ad abolire la pena di morte fu, il 30 novembre 1786, il Granducato di Toscana con l’emanazione del nuovo codice penale toscano (Riforma criminale toscana o Leopoldina) firmato dal granduca Pietro Leopoldo (divenuto poi Leopoldo II del Sacro Romano Impero); tale giornata è festa regionale in Toscana. Se si considera l’abolizione “di fatto” lo stato abolizionista più antico è la Repubblica di San Marino, tuttora esistente: l’ultima esecuzione ufficiale risale al 1468, mentre l’abolizione definitiva fu sancita per legge nel 1865.
Negli Stati Uniti la pena di morte è legale a livello federale, per alcuni reati. Dei 50 Stati degli USA, solo 13 non prevedono la pena di morte nel loro statuto: Alaska, Hawaii, Iowa, Maine, Massachusetts, Michigan, Minnesota, North Dakota, Rhode Island, Vermont, West Virginia, Wisconsin e New Jersey (a questi va aggiunto il territorio del District of Columbia). In altri 3 stati la pena di morte non è più applicata dal 1976: Kansas, New Hampshire, New York (in quest’ultimo è anche stata dichiarata incostituzionale, e quindi non applicabile, ma non ancora formalmente abolita). Il Nebraska l’ha dichiarata incostituzionale. Sono 17 Stati (più un Distretto Federale) a non contemplare, di legge o di fatto, la pena di morte.
In conclusione sono comunque 33 gli stati che più o meno regolarmente applicano ancora l’esecuzione capitale (“pena di morte” in effetti in inglese si traduce “capital punishment”).
La pena di morte in Italia è stata espressamente vietata dalla costituzione del 1948 (tranne casi previsti da leggi di guerra), anche se solo nel 1994 è stata abolita comminata da corte marziale. L’ultima esecuzione è avvenuta in Italia nel 1947. Nel 2007, sotto il governo Prodi, è stata completamente espunta dalla Costituzione anche con riferimento alle leggi militari di guerra. Del resto l’Italia ha una storia antica di tolleranza ed umanesimo: nel 1764 la pubblicazione del pamphlet (trattato breve) Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria stimolò la riflessione sul sistema penale vigente. Nel trattato Beccaria si esprimeva contro la pena di morte, argomentando che con questa pena lo Stato, per punire un delitto, ne commetterebbe uno a sua volta: « Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio. » Tuttavia, la condanna di Beccaria verso la pena di morte, pur nella sua portata storicamente innovativa, non era espressa in termini assoluti: « La morte di un cittadino non può credersi necessaria, che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza, che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di un cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi. »
L’opinione pubblica di molti Paesi è divisa. In quelli nei quali vige la pena di morte, primo fra tutti gli Stati Uniti, esiste un movimento che ne chiede l’abolizione. Viceversa, in altri nei quali tale pena non è contemplata dai codici, tra cui l’Italia, riaffiorano periodicamente, a seguito soprattutto di crimini particolarmente efferati, richieste per la sua reintroduzione nel Diritto penale (benché le vere e proprie richieste siano per lo più casi isolati). L’opinione pubblica contro la pena capitale si divide inoltre in abolizionisti (come Amnesty International) e sostenitori della moratoria (come l’associazione radicale Nessuno tocchi Caino). C’è chi considera la moratoria (ordinanza di sospensione), soprattutto a livello internazionale, un primo e migliore passo, poiché gli stati autoritari possono revocare l’abolizione, che comunque è più difficile da ottenere e non si può imporre o decidere da parte di organismi sovranazionali. Il 18 dicembre 2007 l’Onu, con 104 voti favorevoli, 54 contrari e 29 astenuti, ha approvato la Moratoria universale della pena di morte, promossa dall’Italia a partire dal 1994.
Figura sopra: La pena di morte nel mondo. Il colore rosso indica i paesi dove é più praticata, gli arancioni dove è meno praticata, il blu ne indica l’abolizione.
Nell’articolo “Nessuno tocchi Caino: pena di morte in aumento”, su L’Unità del 24 Luglio 2008, Alessia Grossi traccia un bilancio aggiornato del panorama mondiale della pena di morte. “Cala il numero dei Paesi che ha deciso di mantenere la pena di morte. Dai 54 paesi del 2005 si passa ai 49 del 2007. Ma il computo finale delle esecuzioni resta in ascesa. Nel 2007, infatti, sono stati uccisi 5.851 condannati a morte a fronte dei 5.635 del 2006 e dei 5.494 del 2005. Questi i dati del Rapporto 2008 «La pena di morte nel mondo», messo a punto da «Nessuno Tocchi Caino» e presentato giovedì a Roma con la partecipazione dell’ex premier Romano Prodi, che riceve il premio «Abolizionista dell’anno», di Marco Pannella e Sergio D’Elia, il vicepresidente del Senato, Emma Bonino, e la deputata radicale e curatrice del documento, Elisabetta Zamparutti. Una fotografia dello «stato dell’arte» per quanto concerne le esecuzioni capitali. «Un’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto da oltre dieci anni» dice il Rapporto. (…) Tuttavia sul terribile podio dei primi tre paesi che nell´anno passato hanno compiuto più esecuzioni figurano tre paesi autoritari: Cina, Iran e Arabia Saudita. L´incremento, spiega il Rapporto, è dovuto soprattutto all’escalation che si è registrata in Iran, dove le esecuzioni sono aumentate di un terzo, e in Arabia Saudita dove sono addirittura quadruplicate. A conti fatti questi due paesi, insieme alla Cina, conquistano il triste primato di «boia» del 2007. Da sola la Repubblica popolare cinese ha effettuato l’85,4% , almeno 5.000, del totale mondiale delle esecuzioni. l’Iran ne ha effettuate almeno 355 nel 2007, tra cui 4 donne e 7 minori, altre 127 sono state contate al 30 giugno 2008. L’Arabia Saudita ha eseguito 166 condanne nel 2007, il quadruplo rispetto alle 39 del 2006, uccidendo almeno 3 minori. Ancora una volta è l’Asia a confermarsi il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo. Le esecuzioni del 2007 sono state 5.782 nel 2007 contro le 5.492 del 2006.” L’articolo analizza poi la situazione della pena di morte per i più giovani: “Sono almeno 12 i minorenni giustiziati nel 2007. Almeno sette in Iran, tre in Arabia Saudita, uno in Pakistan e uno in Yemen. Nel 2006, le esecuzioni di minori erano state almeno otto, di cui sette in Iran e una in Pakistan. Al 1 luglio, almeno tre minori sono stati giustiziati in Iran. Il Rapporto di «Nessuno tocchi Caino» ricorda che applicare la pena di morte a persone con meno di 18 anni al momento del reato è in aperto contrasto con quanto stabilito dal patto internazionale sui diritti civili e politici e dalla convenzione delle nazioni unite sui diritti del fanciullo. Moratoria, si può fare di più togliendo il segreto di Stato.” Un bilancio terribile che richiede un intervento da parte della società civile: laddove gli stati continuano a praticare questa terribile consuetudine giudiziaria, la sola voce autorevole, accanto agli organismi internazionali spesso zittiti, è quella della gente, delle associazioni non-governative, dell’opinione pubblica. Rimandiamo a questo proposito al sito di Amnesty International (www.amnesty.org) e Nessuno tocchi Caino (www.nessunotocchicaino.it).
Fonti: wikipedia – sito de L’unità